L’aceto balsamico
L’aceto balsamico è l’ottimo condimento caratteristico e tipico dell’area modenese ed emiliana derivato dal mosto d’uva cotto. Diverso dall’aceto di vino proprio perché prodotto da un liquido zuccherino e non alcolico (appunto, il mosto cotto), non è semplice delinearne un appropriato profilo storico.
Nella maggior parte dei casi è stata accettata come valida l’ipotesi di una presunta genesi casuale dovuta proprio ad un vasetto di mosto cotto d’uva, ormai avviato all’inevitabile acetificazione, ritrovato per caso in una dispensa modenese.
Storia e origini dell’aceto balsamico
Uno dei primi documenti scritti, però, risalirebbe all’undicesimo secolo: in una lettera scritta da Enrico II, re e futuro imperatore di Franconia, ed indirizzata al marchese Bonifacio di Canossa, è evidente la richiesta di ulteriori informazioni su quell’aceto prodotto nella rocca di Canossa tanto amato e gustato con enorme piacere dal sovrano.
Lo sviluppo di questo straordinario condimento, però, rimonterebbe intorno al diciassettesimo secolo, in una di quelle estati caldissime in cui la natura benevola offre all’uomo frutti abbondanti. L’utilizzo dell’aceto balsamico si diffuse a macchia d’olio anche grazie ai Duchi d’Este che, lasciando Ferrara per Modena ed eleggendola capitale dell’intero Ducato, se ne appassionarono.
Tanto risalto e tanta prominenza venne concesso a questo condimento da essere considerato un vero tesoro per chi lo possedesse: non solo veniva consumato in ambito familiare, ma addirittura donato come omaggio a numerosissimi personaggi illustri in visita o inviato tramite delegati.
Tanta fu la risonanza del prodotto, che nel XVIII secolo l’aceto balsamico regnava praticamente in tutta Europa. Da non sottovalutare la sua versatilità: poiché il suo eccellente gusto non venne subito riconosciuto: inizialmente infatti veniva adoperato per le sue spiccate qualità terapeutiche e medicamentose (pensiamo alla sua facoltà lenitiva al momento del parto, o quella curativa per la peste o come rimedio allo scorbuto).
Negli anni della Rivoluzione Francese gli eventi sconvolsero letteralmente l’area modenese: addirittura le acetaie del duca Ercole III del celebre palazzo, vennero battute all’asta per conto della République, sebbene sia accertato che non tutto il quantitativo sia stato venduto. Celebri i racconti che narrano le visite di Camillo Benso Conte di Cavour e di Vittorio Emanuele II che, dopo aver passato al vaglio le botti ed aver selezionato le migliori, ordinarono di trasferirle nella fortezza di Moncalieri.
Neanche a dirlo, l’aceto non si conservò e non sopravvisse lontano dalla sua terra originaria e dal suo clima ideale. E se è vero che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, è necessario che l’aceto balsamico torni nelle mani della sua patria benefattrice: la stessa Modena, che dovette impegnarsi nel diffondere la corretta procedura di preparazione. S
olo nella sua terra, sotto il suo sole, infatti, l’aceto balsamico poté tornare agli antichi splendori e diventare quello straordinario prodotto senza cui, oggi, molti italiani non sanno stare. A casa propria, come al ristorante, l’aceto balsamico non deve mancare. Mai.
Produzione e diffusione dell’aceto balsamico
Il processo produttivo dell’aceto balsamico è tanto complesso quanto affascinante; ovviamente ogni acetaia segue l’esperienza e i segreti tramandati dai padri e da chi prima di loro seguiva l’iter produttivo, ma le tappe fondamentali restano comunque le stesse. E’ necessario, a questo proposito, seguire bene ogni passaggio senza saltarne alcuno.
Diversamente ne risentirebbe la qualità del prodotto stesso. Partendo dal presupposto che l’ingrediente base è il mosto d’uva cotto (le uve solitamente utilizzate sono i trebbiani spagnoli, quelle di Castelvetro e i Lambruschi), lo stadio di cottura avviene a vaso aperto e a fuoco diretto. Ecco il momento in cui il volume si riduce di quasi un terzo (circa il 70%), in cui il colore si scurisce e gli zuccheri si concentrano.
Travasare poi il tutto nella prima botte, la più grande, e dare così il via alla fase di maturazione, grazie all’apporto degli acidobatteri. Ricordarsi inoltre di non coprire mai completamente la botte che deve consentire un proficuo ed attivo scambio di ossigeno con l’esterno, permettendo il cosiddetto processo di evaporazione, più intenso nei caldi mesi estivi e quasi statico in quelli invernali quando l’aceto sedimenta ogni impurità sul fondo del fusto.
Il segreto sta nel travasare, di anno in anno, il contenuto di barile in barile finché non si arriva all’ultimo in cui l’aceto balsamico si presenterà a noi fortemente concentrato. E’ essenziale avere a disposizione botti di legno pregiato (castagno, gelso, rovere o frassino) e più o meno aromatico, che il produttore preferisce secondo gusti e scelte precise.
Oggi questo tesoro italiano viene esportato in tutto il mondo proprio per la fama e la fortuna che ha conosciuto. La buona tavola Italiana non si presta soltanto alle delizie zuccherine o alle classiche pasta e pizza, ma a questi divini sapori dobbiamo aggiungere quello di un altro principe del gusto tutto Made in Italy: proprio l’aceto balsamico.
Ricetta originale dell’aceto balsamico
Visto che tante sono le imitazioni in giro, sarebbe bene attenersi alla ricetta originale. Eccola. Per ottenere un ottimo aceto balsamico bisogna ammostare l’uva terbiana delle colline modenesi. I tempi di bollitura variano in base al tempo che occorre per ridurre il mosto di un terzo ed appena si raffredda, sistemarlo nelle apposite mastelle.
Trascorsi otto giorni dall’operazione appena descritta, riponete il mosto in vasi di legno pregiato (magari per il più piccolo utilizzate quello di ginepro) di differenti misure affinché possa iniziare l’acetificazione. Non dimenticatevi di rincalzare ogni anno solo il barile maggiore con del mosto nuovo, cercando di mantenere il livello degli altri, rincalzandoli fino a scalare tra loro.
Ecco, dunque, che l’aceto viene condotto alla maturazione. Ricordatevi che, esattamente come il vino, anche l’aceto balsamico più è invecchiato e più sarà gustoso. Concludete inserendo nel vasetto più piccolo delle bacche di ginepro.
Tutela dell’aceto balsamico
Prima di tutto, distinguiamo i prodotti. Tra le varie tipologie, bisogna segnalare l’aceto balsamico tradizionale di Modena e quello tipico di Reggio Emilia. Entrambi nel 2000 hanno ottenuto il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) ed in quanto tutelati, i processi produttivi di questi due prodotti sono regolamentati e conformi ai Disciplinari di Produzione che nel maggio del 2000 sono stati istituiti ed inseriti in un apposito provvedimento.
Produttori e commercializzazione sono tutelati dai rispettivi consorzi (il Consorzio Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e il Consorzio Aceto Balsamico Tradizionale Reggiano) che verificano l’autenticità delle proprietà prima che il prodotto venga immesso nel mercato.
Addirittura a segnalare le effettive qualità tradizionali del prodotto, vengono incaricate commissioni d’assaggio che ne decreteranno e accerteranno l’idoneità DOP attraverso quattro esami: da quello visivo, passando per quello olfattivo e quello gustativo, fino ad arrivare a decretare la sensazione finale sia dal punto di vista gusto-olfattiva.
Un compito spesso affidato agli organismi certificatori è anche quello di attestare e verificare la correttezza dei procedimenti produttivi e degli ingredienti utilizzati: un passaggio sicuramente importante per garantire al consumatore il miglior prodotto in circolazione.
“Oro nero” di Modena
Benché in commercio possiate trovare anche un aceto balsamico modenese non tradizionale, con l’aggiunta di aceto di vino e talvolta persino del caramello, più semplice da reperire e ad un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello originale, il prodotto di cui v’innamorerete presto sarà sicuramente l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Un prodotto, ricordiamolo, DOP. Tipico della cucina emiliana, l’Aceto balsamico è senz’altro uno tra i prodotti più antichi e distintivi delle produzioni agricolo-alimentari modenesi proprio perché i mosti utilizzati arrivano direttamente da Modena.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena viene avviato alle varie fasi di acidificazione, maturazione ed invecchiamento e per ciò che concerne la vendita il Disciplinare di Produzione ha stabilito e previsto due diverse tipologie di prodotto. Distinguiamo allora l’aceto balsamico Affinato (invecchiato di almeno dodici anni ed identificato da capsule bianche) da quello Extravecchio (invecchiato di almeno venticinque anni e abbinato a capsule dorate).
Una tradizione tutta “reggiana”
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia si ottiene grazie alla fermentazione zuccherina ed acetica e alla selezione di mosti cotti che provengono esclusivamente da Reggio Emilia. Il loro invecchiamento prevede tempi molto lunghi, solitamente dodici anni, in una batteria di fusti piuttosto piccoli posti nelle condizioni climatiche ed ambientali adeguate.
Tipologie di aceto balsamico
Quella con il bollino aragosta è la botte che contiene l’aceto balsamico, non eccessivamente concentrato, è invecchiato da almeno dodici anni, avrà un sapore piuttosto agro e viene solitamente accompagnato a insalate e crostacei, carpacci, pinzimoni e carni rosse non troppo cotte.
Quella con il bollino color argento, dalle qualità organolettiche più pregiate e prestigiose, ha alle spalle un invecchiamento compreso tra i dodici e i venticinque anni, dal profumo più intenso e dal sapore più dolce, viene solitamente utilizzato per condire bolliti, piatti crudi e vari tipi di pesce alla stregua della più classica e tradizionale maionese.
Infine, l’aceto balsamico invecchiato di oltre venticinque anni, dunque ottimo, si presenterà con il famoso bollino color oro. E’ certamente il più complesso: eccellente prodotto dal sapore tendenzialmente dolce, si sposa alla perfezione con formaggi piccanti e dal gusto spiccato (tra cui, ovviamente, il celebre Parmigiano Reggiano) ed è l’ideale anche su macedonie di frutta, creme pasticcere, gelati, fragole e ciliegie.
Come usare l’aceto balsamico in cucina
Accompagnandolo alle pietanze che più amate o a quelle che, poco saporite, volete innalzare ad un livello papillifero nettamente più elevato. Per quanto riguarda la quantità è consigliabile non superare il cucchiaino a persona, ma come si dice “ognuno pensi a sé”.
E ai propri gusti. I cibi di cottura vanno conditi prima di toglierli dal fuoco così che acquisiscano il delizioso sapore del vostro alleato balsamico oppure, nel caso di pietanze già cotte, utilizzarlo come condimento da servire direttamente a tavola.
E che ognuno ne attinga a suo piacere. In cucina possiamo abbinarlo ad una vasta gamma di portate, dall’antipasto al dolce, addirittura può talvolta essere utilizzato come digestivo. Insomma, largo alla fantasia ed, ovviamente, alla fame. Tanto non ha nemmeno una data di scadenza da rispettare. Che dire di più? Buon appetito…
Siti per approdondire l’aceto balsamico
- CONSORZIO ACETO BALSAMICO DI MODENA
www.consorziobalsamico.it/ita/index.htm
Sito ufficiale del CADM dove vengono raggruppati i maggiori produttori - ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI REGGIO EMILIA
www.acetobalsamicotradizionale.it
Il sito dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia - BALSAMICO
www.balsamico.it
Il sito del Consorzio Produttori Aceto Balsamico Tradizionale di Modena - BALSAMICOMANIA
www.balsamicomania.it
Il portale dei fan dell’aceto balsamico