Principali tipi di carne
L’etimologia della parola “carne” non è del tutto chiara: sembra derivare dal latino cruor, che significa sangue, ma anche dai vocaboli greci kéiro (‘tagliare’) o krèas (‘indurirsi’, ‘coagularsi’) o, ancora più anticamente, dal termine indoeuropeo krèv che indica ‘emorragia’. Quale che sia la sua origine, sotto questo termine generico sono indicati tutti i tipi di carne esistenti. La carne può essere classificata in due modi principali: a seconda del suo colore caratteristico (carni bianche, rosse, nere) o in base alla tipologia di vita dell’animale (animali da macello, da cortile o selvaggina).
Bianche
Le carni bianche sono caratteristiche (ma non solo) di alcuni volatili come pollo, gallina, tacchino. Le carni degli animali più giovani sono inoltre considerate bianche, come nel caso di vitello, agnello, capretto; infine, appartengono a questa categoria anche maiale e coniglio. Generalmente le carni bianche sono caratterizzate da un basso tenore di grassi, sono ben digeribili e possono essere consumate immediatamente dopo la macellazione, o dopo una breve frollatura.
Rosse
Le carni rosse sono ottenute da animali adulti come manzo, vitellone ed altri bovini che hanno raggiunto la maturità, bufalo, cavallo, montone: queste carni, prima di essere consumate, devono essere sottoposte a processi di maturazione come la frollatura. Sono considerate carni rosse anche le frattaglie (cuore, fegato, lingua, rognone) di tutti gli animali.
Nere
La selvaggina rientra nella categoria delle cosiddette carni nere, e può essere di pelo (lepre, capriolo, cinghiale, camoscio, cervo) o di penna (fagiano, pernice, beccaccia, quaglia). Il tenore di grassi è basso, ma le fibre muscolari sono molto più dure degli altri tipi di carne, e necessitano di frollature lunghe prima di poter essere consumate. Anche alcuni animali da cortile rientrano nella categoria delle carni nere, come faraona, oca, anatra, struzzo, piccione.
Le carni possono appartenere inoltre ad animali da cortile (volatili in genere e conigli), ad animali da macello come bovini, equini, ovini, suini, caprini e bufalini e agli animali da selvaggina.
Frollatura
Il processo di frollatura ha origine in modo naturale alla morte dell’animale e, attraverso modificazioni fisico-chimiche dei muscoli scheletrici, determina la trasformazione degli stessi nella carne vera e propria che noi conosciamo. Subito dopo la morte, infatti, i fasci muscolari sono talmente duri e coriacei da risultare immangiabili, ma l’azione proteolitica degli enzimi in essi presenti è in grado di “rompere” le fibre muscolari fino a rendere la carne tenera e commestibile. E, soprattutto, più digeribile.
Alla base di questa maturazione ci sono le basse temperature, che tipicamente devono essere comprese fra 0 e +4°C, indispensabili per un esito positivo del processo. La frollatura è una trasformazione comune a tutti i tipi di carne, ma la sua durata è maggiore per le carni rosse (pochi giorni, ma anche 10 o 20 per la bistecca fiorentina o per i tagli più pregiati), mentre per quelle bianche è sufficiente un periodo anche inferiore ai tre giorni. La selvaggina ha bisogno invece di tempi molto lunghi (che, talvolta, rasentano la putrefazione della carne stessa), e durante la frollatura vengono spesso aggiunti aromi e spezie in grado di attenuare l’odore e il sapore di “selvatico”. La durata della frollatura varia anche a seconda dell’età e della taglia dell’animale: tempi più lunghi sono necessari per animali adulti e di grosse dimensioni.
Questo processo viene attuato lasciando letteralmente “maturare” la carne in celle frigorifere nelle quali tutti i parametri sono controllati e mantenuti costanti. Temperatura, umidità relativa e grado di aerazione rivestono infatti un’importanza fondamentale nella determinazione delle caratteristiche finali della carne, e il loro giusto bilanciamento impedisce l’insorgenza di fenomeni di essiccazione e putrefazione.
La durata della frollatura dipende dalle temperature alle quali è condotta. Più la temperatura è alta e meno tempo il processo impiega a completarsi: per questo motivo, nell’ottica del taglio dei costi molti produttori fanno frollare la carne a temperatura ambiente (18-20°C), affinchè essa sia pronta per la commercializzazione in tempi rapidi. A causa di queste temperature relativamente elevate che favoriscono la proliferazione dei microorganismi, vengono spesso in contemporanea utilizzate tecniche per la sterilizzazione basate sui raggi ultravioletti.
Il consumatore non ha praticamente modo di sapere con che modalità è avvenuta la frollatura della carne che acquista, ma è importante tener conto che maggiore è la sua durata, di miglior qualità sarà il prodotto finale. Non a caso, infatti, tagli pregiati come la fiorentina o la carne di Chianina IGP vengono fatti frollare per molti giorni prima di essere commercializzati. È comunque più probabile che sia la carne della grande distribuzione a subire questo processo ‘accelerato’, mentre le macellerie in genere si approvvigionano di prodotti qualitativamente superiori.
Le caratteristiche della carne
A seconda dell’animale da cui è ricavata, del suo stato fisico, del tipo di alimentazione e dell’età, i tipi di carne possono essere molto diversi fra loro, ma a livello di composizione esiste una base comune. L’acqua è la frazione dominante, rappresentando il 49-77% del totale. Le proteine sono l’elemento nutritivo più abbondante, e la loro percentuale è compresa fra il 15 e il 24%; il grasso è presente in quantità molto variabile (1-34%), mentre da ultimo sono presenti anche piccole quantità di zuccheri, inferiori generalmente all’1%.
Il consumo di carne ha la funzione principale di apportare all’organismo proteine ad elevato valore biologico (fra cui lisina, triptofano, aminoacidi solforati) e sali minerali come ferro, rame e zinco altamente assorbibili. Fondamentale è l’apporto di vitamine del complesso B, ed in particolare della vitamina B12 che è indispensabile nel processo di sintesi dell’emoglobina. Un mito da sfatare è quello che le carni rosse “fanno sangue” più di quelle bianche: il contenuto in ferro è esattamente identico, ma l’occhio è ingannato dal colore intenso delle carni rosse (dovuto alla mioglobina), che fa credere che queste ne contengano in maggior quantità.
I nutrizionisti raccomandano un consumo preferenziale di carni magre, ed in particolare di quelle bianche. Secondo l’Inran (Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione) la carne andrebbe consumata non più di 4 o 5 volte alla settimana, e solo in una o due di queste occasioni bisognerebbe ricorrere a quella rossa. La cottura è di fondamentale importanza per la digeribilità della carne: le carni più digeribili sono quelle stufate, lessate o cotte al vapore mentre gli arrosti, le carni ai ferri, alla griglia, allo spiedo lo sono meno.
La carne è un alimento molto amato nel nostro Paese, e secondo Assocarni il consumo pro capite si aggira intorno ai 92 chili all’anno. Niente a che vedere, però, con i 135 chili degli spagnoli o i 125 dei danesi; i greci ne consumano, invece, ‘solo’ 78 chilogrammi all’anno. La carne più consumata in Italia è di gran lunga quella bovina, ed in particolare vitellone e manzo; seguono le carni suine, avicole, equine ed avicunicole (conigli). Di minore rilevanza il consumo di carni ovine e caprine, principalmente legato a fattori territoriali (Sardegna, zone montane di Alpi e Appennini) e stagionali (festività pasquali).
Carni bovine
Sono diversi i tipi di bovino da carne, e le differenze sono legate al sesso, alla razza, al tipo di alimentazione ed all’età alla macellazione.
Il vitellone è di gran lunga il bovino più diffusamente allevato. Si tratta di animali non castrati che vengono macellati all’età di circa 8-12 mesi, quando pesano 6-9 quintali; la loro crescita è infatti molto veloce (con incrementi ponderali di circa 1-1.5 chilogrammi al giorno) a causa dell’alimentazione molto nutriente, che comprende mais insilato, soia, sfarinati e sottoprodotti dell’industria alimentare come melassa, crusca, barbabietole. Il manzo è un bovino di tre o quattro anni, che è stato castrato dopo il raggiungimento della maturità sessuale. La carne di manzo presenta circa il 10-15% di grasso ed è considerata fra quelle di migliore qualità.
La carne di vitello è particolarmente costosa per via delle basse rese: gli animali vengono macellati al raggiungimento di due o tre quintali di peso, che corrispondono ad un’età di 5-7 mesi. Una particolare varietà di vitello è quello a carne bianca, che è determinata dall’alimentazione degli animali con solo latte. Il latte, non contenendo ferro, determina negli animali l’insorgenza di anemia e, di conseguenza, la carne presenta una colorazione rosa chiaro ed è particolarmente apprezzata per il basso contenuto di grassi e per la sua tenerezza.
La scottona (o manza) è una vacca che ancora non ha partorito, ed ha un’età compresa fra 16 e 22 mesi. La sua carne è tenera e particolarmente apprezzata per la sua qualità. La vacca, invece, è un animale adulto che ha già partorito, e le sue carni non sono particolarmente pregiate.
Il toro è il maschio bovino intero (non castrato), caratterizzato da ipertrofia muscolare e dalle carni particolarmente scure e coriacee. Esse talvolta hanno un odore forte e caratteristico dovuto alla presenza degli ormoni maschili, e questo lo rende poco adatto al consumo umano. I suoi principali utilizzi sono a scopi riproduttivi e, a ‘fine carriera’, come cibo per altri animali. Il bue è un animale castrato di almeno quattro anni e mezzo d’età; una volta era diffuso per via del suo utilizzo nei campi, mentre al giorno d’oggi è praticamente scomparso dal mercato.
Mediamente, 100 grammi di carne bovina apportano circa 100-115 Kcal. I tagli di bovino sono classificati secondo il loro pregio qualitativo, che si ripercuote quindi sul valore commerciale e sul prezzo di vendita. I tagli di prima categoria sono quelli più teneri e pregiati, ricavati dalla parte posteriore dell’animale e sono rappresentati da filetto, controfiletto, scamone, magatello, roastbeef, noce, fesa, girello). I tagli di seconda categoria, di minor qualità (spalla, fiocco, punta, coppa, carré, reale) derivano dal quarto anteriore, mentre quelli di terza categoria provengono da collo, addome e zone marginali degli arti: sono ad esempio muscolo, ossobuco, testina, biancostato, garretto. I tagli di seconda e terza categoria sono generalmente quelli più grassi ma anche più coriacei, a causa della presenza di molto collagene nei tessuti muscolari. (Una “mappa” dei tagli di carne bovina è consultabile all’indirizzo www.carnebovina.it/Tagli%20ed%20utilizzo.pdf).
Quali caratteristiche deve presentare la carne al momento dell’acquisto?
Per quanto riguarda le carni rosse, il colore deve essere intenso; la presenza di sfumature più scure sui bordi non è indice di alterazione, ma è semplicemente la conseguenza di una reazione chimica della mioglobina con l’ossigeno. La presenza di grasso nei tagli di carne rossa è indice di qualità, nonché un costituente fondamentale di questo alimento. Gli animali in salute e che hanno ricevuto una corretta alimentazione presentano infatti del grasso sia all’interno (sotto forma di venature) che tutto attorno ai tagli di carne. È proprio il grasso a dare il sapore alla carne: acquistare tagli esclusivamente magri significa consumare un prodotto meno gustoso. Inoltre, il grasso ha un’azione protettiva durante la cottura ed evita l’eccessivo disseccamento, lasciando la carne tenera e dolce; l’assenza di grasso invece fa sì che l’acqua evapori in modo vigoroso, e di conseguenza la carne tende a diventare secca, dura ed insipida. Meglio, quindi, acquistare tagli di carne che presentino almeno qualche venatura di grasso: se non è di nostro gradimento, possiamo comunque toglierlo a cottura avvenuta. Il grasso deve presentarsi bianco e compatto; può anche essere leggermente giallognolo, che sta a significare che l’animale ha subito un’alimentazione ricca di pigmenti (a base di mais e fieno).
Le carni bianche, ovviamente, non presentano grasso come quelle rosse. Al momento dell’acquisto bisogna fare attenzione che queste non siano eccessivamente ossidate e che il loro colore non tenda all’arancione-rosa né al pallido, ma siano del caratteristico colore giallo. Fare attenzione all’etichetta, preferendo animali allevati con mangimi naturali (le proporzioni ottimali sono 75% di mais, 25% di foraggi verdi) e allevati a terra.
Al momento dell’acquisto, inoltre, le carni non devono apparire secche o eccessivamente umide, aspetti che indicano una cattiva conservazione; attenzione anche alla presenza di marezzature o riflessi metallici, causati dall’alterazione (irrancidimento) dei grassi. L’odore deve inoltre essere gradevole e fresco; la consistenza deve essere compatta, soda ed elastica (premendo con un polpastrello, l’avvallamento creato sulla superficie deve scomparire in breve tempo).
Per conservarsi bene e mantenere inalterate le sue caratteristiche, è necessario garantire la continuità della catena del freddo. La carne acquistata deve essere conservata in borse frigorifere durante il trasporto, e immediatamente collocata ai livelli inferiori del frigorifero (con temperatura prossima agli 0°C). I tagli interi si conservano fino ad una settimana, mentre la carne tagliata come bistecche o bocconcini dura fino a tre o quattro giorni. Carpacci e carne macinata, invece, devono essere consumati entro il giorno successivo al taglio. È indispensabile che la carne sia totalmente isolata dall’aria e dall’ambiente circostante: va perciò conservata ben avvolta in pellicola o alluminio, oppure in contenitori a chiusura ermetica o sottovuoto. La carne fresca può essere congelata e conservata per tempi variabili dai 3 ai 12 mesi a seconda dell’animale.
I prodotti della grande distribuzione sono sicuri e controllati, e soprattutto tracciabili: in etichetta è specificata la provenienza dell’animale e i luoghi di allevamento e macellazione. Acquistare presso il proprio macellaio di fiducia può tuttavia rappresentare una valida alternativa. I prezzi generalmente più elevati sono compensati da prodotti di maggior qualità e dalla possibilità di avere un servizio personalizzato e, perché no, qualche consiglio esperto.
Rischi legati a un consumo eccessivo di carne
L’allevamento degli animali che finiscono sulle nostre tavole avviene quasi sempre in regime di sovraffollamento, ed è praticamente indispensabile l’utilizzo di antibiotici per contrastare le malattie legate a questa promiscuità. Dove vanno a finire questi farmaci? È presto detto. Secondo un dossier della LAV (Lega AntiVivisezione) ciascuno di noi ingerisce, fra fettine e bistecche, quasi 9 grammi di antibiotici all’anno. Che corrispondono a qualcosa come quattro trattamenti terapeutici completi, e che a lungo andare può dare disturbi intestinali cronici (distruggendo la flora batterica “buona” del nostro intestino) e addirittura causando l’insorgenza di fenomeni di resistenza, vanificando le terapie antibiotiche quando esse sono realmente necessarie.
Per alcuni ceppi di microorganismi (Staphylococcus aureus, Campylobacter jejuni e C. coli, Salmonella typhimurium e S. parathyphimurium) è stata purtroppo già riscontrata la resistenza agli antibiotici, ma è soprattutto la resistenza di un ceppo di Escherichia coli a destare preoccupazione, poiché in grado di causare insufficienza renale e coliti emorragiche. Questi batteri vengono distrutti dalle alte temperature, ma possono rimanere vitali nei cibi poco cotti come bistecche al sangue, carpaccio o hamburger. Anche il protozoo responsabile della Toxoplasmosi può essere presente nelle carni poco cotte, ed è decisamente pericoloso per le donne in gravidanza perché in grado di indurre nel feto lesioni irreversibili al sistema nervoso.
Sembra inoltre che un consumo eccessivo di carne rossa esponga ad un maggior rischio di sviluppare gravi patologie come il cancro colonrettale, diverse malattie cardiovascolari o il diabete. Anche l’obesità è indicata come conseguenza di consumi eccessivi di prodotti animali.
Il consiglio di limitare i consumi di carne va inteso anche in un’ottica più ampia, di tipo ambientale ed ecologico. La FAO (Food and Agriculture Organization), organizzazione che si occupa di cibo ed agricoltura nell’ambito delle Nazioni Unite, stima infatti che al giorno d’oggi per ogni essere umano sulla Terra esistano dieci animali d’allevamento: 52 miliardi di volatili, 1.7 miliardi di ovini e caprini, 1.3 miliardi di bovini, un miliardo di suini e circa 900 milioni di conigli. Si stima anche che i consumi di carne raddoppieranno entro il 2050, ed appare chiaro che dal punto di vista ambientale la presenza di una simile quantità di animali non sia sostenibile. Gli allevamenti infatti sottraggono spazi alle foreste, come ad esempio in Brasile, e le risorse richieste in termini di foraggi, acqua ed energia sono del tutto inaccettabili.
Meglio quindi moderare i consumi di carne attenendosi alle linee guida nutrizionali, considerando il fatto che fonti proteiche altrettanto valide sono rappresentate da pesce e legumi che, purtroppo, nella nostra dieta trovano ancora (ingiustamente) poco spazio.
Siti internet sul consumo e la scelta della carne
Ministero Politiche Agricole
http://www.politicheagricole.gov.it/SettoriAgroalimentari/Zootecnico/Carni/default
Carne bovina
http://www.carne-bovina.it/
Saper mangiare
http://www.sapermangiare.mobi/linee_guida.html
ciao, ho 1 domanda
dal momento si compra la carne, quanto il tempo si tiene nel frigo, o si congela, o tempo tiene nel freezer?
dammi una risposta grazie fer
buon giorno sono molto interessato alla conoscenza di tutto quello che si cela dietro il discorso carne, sarei molto felice ricevere degli aggiornamenti di qualsiasi tipo riguardi la carne. grazie luigi