Associazioni animaliste di tutto il mondo sono impegnate attivamente da anni contro il Foie Gras, che in francese significa alla lettera “fegato grasso”, uno dei prodotti più famosi della cucina d’oltralpe. In genere il Foie Gras viene consumato come antipasto ed è considerato un cibo pregiato e raffinato da offrire durante un ricevimento. Ma perché dietro a questa preparazione si nascondono proteste e sdegni animalisti che hanno eco in tutto il mondo?
Quando si acquista il Foie Gras si è consapevoli di mangiare del fegato d’anatra o d’oca, un cibo piuttosto grasso e calorico, e quindi decisamente poco salutare, che ha un sapore molto meno intenso rispetto al normale. Questo perché gli animali che si utilizzano per la sua produzione vengono letteralmente messi all’ingrasso attraverso un’alimentazione forzata e condizioni di vita crudeli e precarie.
Per la produzione del Foie Gras, chiaramente, si utilizzano allevamenti intensivi. Si stima che per la sua produzione ogni anno siano impiegati almeno 80 milioni di anatroccoli, fatti nascere in una incubatrice e poi selezionati per la produzione. Le femmine non vengono utilizzate, e vengono soppresse, in quanto il loro fegato viene considerato troppo nervoso e quindi poco pregiato; i maschi, invece, vengono letteralmente alimentati in modo forzato per permettere al fegato di ingrassare oltre misura.
Al mondo esistono diverse tecniche di produzione, alcune considerate più etiche di altre, ma è innegabile che i metodi praticati possano definirsi barbari; gli animali sono costretti a ingrassare senza avere la possibilità, essendo chiusi in gabbia e non potendosi muovere, di consumare effettivamente le energie prodotte.
Ne deriva che quello che mangiamo altro non è che il fegato ammalato di anatre e oche che contengono una quantità di grassi oltre il limite. La malattia si chiama steatosi epatica e viene indotta artificialmente attraverso la tecnica del gavage, attraverso la quale si somministrano agli animali circa 500 grammi di mais cotto per circa otto volte al giorno e per un periodo che varia dalle quattro alle otto settimane.
Per fare un paragone, brutale ma molto efficace per comprendere il problema, è come se un essere umano del peso di circa 80 kg fosse costretto a mangiare circa 20 chili di spaghetti al giorno. È impensabile, vero? Eppure è così che viene prodotto il Foie Gras.
Ed è qui che nasce lo sdegno degli ambientalisti di tutto il mondo. L’alimentazione forzata procede secondo i metodi industriali con l’inserimento di un tubo all’interno della gola che arrivano fino allo stomaco dell’animale; si tratta di cibo molto energetico che ha l’obiettivo di far ingrassare l’animale nel minor tempo possibile e che viene somministrato più volte al giorno.
Gli animali vengono tenuti in gabbia, non possono muoversi e, in più, vengono letteralmente ingozzati nel nome di una produzione industriale sempre più assidua. È sostenibile tutto questo? E soprattutto, chi è solito consumare questo alimento è a conoscenza dei metodi di produzione che portano gli animali a essere torturati in questo modo?
In molti paesi è illegale la produzione di Foie Gras e l’Italia, che l’ha messo al bando nel 2007, è uno di questi, ma in molti altri questo alimento continua a essere prodotto, soprattutto in Francia, che è il paese che non solo ne consuma ma ne produce anche di più.
Intanto comitati scientifici e associazioni animaliste continuano la loro opera di informazione e la loro battaglia contro una produzione massiva e lesiva per i diritti degli animali. Cambieranno mai le cose? Saremo mai in grado di rinunciare a questo antipasto in via definitiva.