Sommario
Le origini e le caratteristiche del Bitto DOP. 1
La produzione del Bitto DOP. 1
Le caratteristiche del Bitto DOP. 3
Come riconoscere il Bitto DOP. 3
Come gustare al meglio il Bitto DOP. 4
Le origini e le caratteristiche del Bitto DOP
La Valtellina è una terra nota per i suoi prodotti tipici come vini, salumi e formaggi, e in quest’ultima categoria il Bitto è da considerarsi il fiore all’occhiello della produzione casearia valtellinese.
La storia di questo formaggio è davvero antica, dal momento che i primi a produrre il Bitto (o, meglio, un suo “antenato”) furono le popolazioni celtiche che si rifugiarono sulle montagne valtellinesi dopo essere state scacciate dai Romani dalla pianura padana nella quale vivevano. I Celti erano competenti allevatori di bestiame, e nei pascoli montani questa attività tradizionale trovò la sua massima espressione. Trasformare il latte fresco in formaggio era l’unico modo per riuscire a conservare questo prezioso alimento e trasportarlo a valle dagli alpeggi nei quali, in estate, veniva prodotto. I Celti conoscevano molto bene l’utilizzo del caglio, pertanto la produzione di formaggi divenne una delle attività economiche più importanti per queste popolazioni.
Il nome del formaggio Bitto, secondo gli storici, potrebbe derivare direttamente dal termine celtico bitu che significa ‘stabile’, ‘perenne’, a testimonianza del fatto che grazie alla sua lunga stagionatura questo prodotto poteva conservarsi a lungo. Per le popolazioni di allora, avere a disposizione una simile scorta alimentare era fondamentale per poter sopravvivere ai rigori del lungo inverno.
Nei secoli l’arte di produrre il formaggio d’alpeggio venne tramandata di generazione in generazione, e ulteriormente migliorata. Nel XVI secolo, ad esempio, in alcuni documenti si cita la fiorente produzione del Bitto in Valtellina e l’utilizzo delle forme come strumento di pagamento alternativo alla moneta. A riconoscimento della sua lunga storia e del profondo legame con il territorio, nel 1996 l’Unione Europea attribuì al Bitto la DOP (Denominazione di Origine Protetta), che seguì il riconoscimento della DOC (Denominazione di Origine Controllata) assegnata nel 1995 dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.
L’ente preposto al controllo della produzione e alla valorizzazione del prodotto è il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto (CTCB), con sede a Sondrio (vedi link in fondo alla pagina). Attualmente è la cittadina di Morbegno a rappresentare il vero e proprio baricentro della produzione del Bitto: qui infatti si svolge la manifestazione “Mostra del Bitto”, che richiama ogni anno migliaia di persone tra espositori di prodotti tipici e visitatori.
La produzione del formaggio Bitto, dalla mungitura del latte sino alla stagionatura finale, è regolamentata dal Disciplinare di Produzione di questa DOP (vedi link in fondo alla pagina). In accordo con una tradizione ormai secolare, il Bitto DOP viene prodotto solo in un particolare periodo dell’anno, quando gli animali si trovano in montagna all’alpeggio (monticazione), che va dal 1° giugno sino al 30 settembre.
Le lavorazioni prevedono l’utilizzo di attrezzature particolari (caldaie, attrezzi e fascere in legno…) che permettono al formaggio di arricchirsi della microflora casearia responsabile dei sapori e dei profumi del prodotto. Ecco perché il Bitto prodotto in un alpeggio non è uguale a quello proveniente da un’altra zona, proprio a causa della microflora caratteristica presente in loco.
La zona di produzione
Il latte destinato ad essere trasformato in formaggio Bitto DOP deve provenire esclusivamente dalla provincia di Sondrio e da alcuni Comuni bergamaschi dell’Alta Valle Brembana (Averara, Carona, Cusio, Foppolo, Mezzoldo, Piazzatorre, Santa Brigida e Valleve) che confinano con la Valtellina. Anche tutte le successive lavorazioni e stagionature devono essere svolte all’interno di questa area geografica.
Il latte e le sue lavorazioni
Per la produzione del Bitto DOP si utilizza solo ed esclusivamente latte di vacca, intero, che può essere addizionato sino al 10% di latte caprino proveniente da razze tradizionali (es. capra orobica). Gli animali devono essere alimentati prevalentemente con fieno ed erbe provenienti dall’area di produzione, integrando eventualmente la dieta con cereali o altri prodotti naturali.
Il latte viene collocato all’interno di particolari caldaie di rame a forma di campana rovesciata e portato alla temperatura di 35-37°C. Il riscaldamento avviene sul fuoco, il che conferisce al latte una caratteristica aromaticità. Al latte viene aggiunto caglio di vitello, e con la successiva coagulazione la cagliata (ovvero la massa solida) si separa dal siero (la frazione liquida del latte). La cagliata viene sottoposta ad una cottura di circa mezz’ora, a temperature comprese tra 48 e 52°C. Terminata la cottura, utilizzando particolari strumenti si procede con la rottura della cagliata ovvero la sua frammentazione in particelle di dimensioni paragonabili a quelle di un chicco di riso.
La messa nelle fascere e la salagione
La cagliata viene collocata all’interno di particolari stampi (fascere) che conferiranno al prodotto la sua tipica forma cilindrica, bassa e appiattita con bordo concavo. Le fascere sono rigorosamente in legno: questo materiale infatti consente la propagazione della microflora caratteristica e garantisce al tempo stesso la traspirazione ottimale delle forme.
Le forme vengono frequentemente rigirate allo scopo di favorire lo spurgo del siero residuo, dopodiché avviene la salagione. Per effettuare questa operazione si sfregano le forme a secco con sale grosso sino a quando non viene assorbita la giusta quantità di sale, che poi si distribuirà uniformemente all’interno della pasta.
La stagionatura
Secondo quanto previsto dal Disciplinare di Produzione, la stagionatura minima del Bitto ha una durata di 70 giorni. La stagionatura inizia nelle cosiddette “casere d’Alpe”, ovvero piccoli locali situati in quota, e viene poi completata a valle negli stabilimenti di produzione. La stagionatura può durare anche diversi anni, ottenendo un prodotto sempre più pregiato e ricercato. In particolare, si distingue tra una stagionatura “media” che va da 1 a 6 mesi, e una stagionatura “lunga” che si protrae per circa 1-3 anni. I formaggi “stravecchi” sono invece invecchiati anche oltre 10 anni.
La marchiatura finale e l’immissione al consumo
Le forme che soddisfano appieno i requisiti previsti dal Disciplinare di Produzione vengono impresse con un marchio a fuoco su autorizzazione del Consorzio di Tutela, e in questo modo diventano immediatamente riconoscibili. La commercializzazione avviene corredando ciascuna forma con un disco di carta, anch’esso rilasciato dal CTCB.
Le caratteristiche del Bitto DOP
La forma del Bitto DOP è cilindrica e regolare, con uno scalzo (ovvero il bordo verticale) di forma concava che forma spigoli vivi con le due facce piane del formaggio. Ciascuna forma presenta un diametro compreso fra 30 e 50 centimetri, un’altezza di 8-10 cm e un peso che può oscillare dagli 8 ai 25 chilogrammi, in funzione delle dimensioni.
La crosta presenta un colore giallo paglierino, che con la stagionatura tende a virare sempre di più verso il giallo ocra; il suo spessore è di circa 2-4 millimetri. Al taglio si rivela una pasta di consistenza compatta, caratterizzata da un’occhiatura (ovvero i “buchini” che si formano durante la maturazione del formaggio) piuttosto rada. Il colore della pasta è variabile a seconda della stagionatura, e va dal bianco al giallo paglierino; man mano le forme invecchiano, la consistenza della pasta diventa sempre più dura e friabile.
Il sapore del Bitto è dolce e delicato nelle forme meno stagionate, ma diventa più intenso e caratteristico con il procedere della maturazione. Nelle forme più stagionate il sapore è tipicamente aromatico e leggermente piccantino. L’eventuale presenza di latte caprino si riconosce facilmente per via dei profumi e dei sapori che vengono conferiti al formaggio.
Dal punto di vista nutrizionale, i valori medi del formaggio Bitto sono:
Valori nutrizionali medi riferiti a 100 g di Bitto DOP | |
Energia
|
279 kcal
1166 kJ |
Proteine | 20.1 g |
Carboidrati | 0.8 g |
Grassi | 21.7 g |
Il Bitto è un formaggio che apporta una buona quantità di proteine (circa il 20% del totale) ma non bisogna dimenticare che, come tutti i formaggi prodotti con latte intero, anche la percentuale di grassi non è trascurabile (quasi il 22%). Ogni 100 g di Bitto vengono apportate circa 280 kcal, che aumentano progressivamente (insieme alle percentuali di grassi e proteine) con il grado di stagionatura del prodotto per via della progressiva perdita di umidità dalla forma. Il contenuto minimo di grasso sulla sostanza secca è del 45%.
Anche se in commercio si possono trovare decine e decine di formaggi d’alpeggio, è semplice riconoscere il Bitto DOP da tutti gli altri grazie alla presenza di elementi distintivi quali:
- Contrassegno che rappresenta la scritta “Bitto” nella quale la “B” è associata ad una forma stilizzata di formaggio dal quale è stata tagliata via una fetta (vedi immagine sotto).
- Marchio a fuoco presente sullo scalzo, apposto sulle forme al termine dei 70 giorni minimi di stagionatura.
Come gustare al meglio il Bitto DOP
Il Bitto DOP è un eccellente formaggio da tavola che si può consumare da solo o – meglio – accompagnandolo con altri prodotti tipici del territorio come ad esempio un tagliere di Bresaola della Valtellina IGP e un buon bicchiere di vino rosso Valtellina DOCG.
Ma il Bitto si presta ottimamente anche ad essere impiegato come ingrediente di diverse ricette salate, come ad esempio per la preparazione di squisiti risotti e di ripieni per verdure o arrosti. Ottimo è anche il Bitto alla piastra, servito con polenta (rigorosamente taragna, come vuole la tradizione della Valtellina) e magari un contorno di funghi di stagione.
Mentre il Bitto poco invecchiato è ideale per questi usi, il formaggio maturato almeno un anno viene utilizzato come condimento, grattugiandolo ad esempio sui primi piatti a base di pasta e sulle ricette al forno. Il formaggio invecchiato dai 5-6 anni in su, per non parlare di quello “stravecchio” di 10 anni ed oltre, è considerato una vera e propria prelibatezza dai buongustai.
Per saperne di più sul Bitto DOP:
Siti internet
CTCB – Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto
http://www.ctcb.it/
Sito ufficiale del Consorzio di Tutela, sul quale è possibile trovare notizie riguardanti i formaggi Bitto e Valtellina Casera e sulle aziende che li producono. In costante aggiornamento è la sezione dedicata alle news, mentre ai più golosi si consiglia di dare un’occhiata alla pagina delle ricette.
Consorzio Salvaguardia Bitto Storico
http://www.formaggiobitto.com/
Sito dell’Associazione di produttori del Bitto Storico, che possiede un suo disciplinare e che viene prodotto esclusivamente con latte d’alpeggio seguendo il metodo tradizionale. Grazie a queste sue caratteristiche, il Bitto Storico è considerato da molti il “vero” Bitto, l’unico che può essere stagionato senza problemi anche per dieci anni ed oltre.
Mostra del Bitto
http://www.mostradelbitto.com/
Sito ufficiale della manifestazione che tutti gli anni si svolge a Morbegno (Sondrio) dedicata al Bitto e agli altri prodotti tipici valtellinesi. Nel 2012 la Mostra del Bitto è arrivata alla sua 105° edizione.
Video sul Bitto DOP
Formaggio Bitto – Valli del Bitto
CTCB – Lavorazione del Bitto e del Valtellina Casera
La Cucina Italiana – Videoricetta lasagne gratinate al Bitto, patate e verze
http://www.lacucinaitaliana.it/video/ricette/primi-piatti/lasagne-gratinate-al-bitto-patate-e-verze
Letture consigliate
Titolo: I ribelli del Bitto. Quando una tradizione casearia diventa eversiva
Autore: Michele Corti
Editore: Slow Food
Anno: 2011
Lunghezza: 192 pagine
Titolo: Formaggi e vini d’Italia
Collana: Biblioteca gastronomica
Autore : Paolo Scotto
Editore: Gremese Editore
Anno: 2004
Lunghezza: 143 pagine
Titolo: Atlante dei formaggi. Guida a oltre 600 formaggi e latticini provenienti da tutto il mondo
Collana: Alimenti e alimentazione
Autore : Giorgio Ottogalli
Editore: Hoepli Editore
Anno: 2001
Lunghezza: 462 pagine