Secondo la LARN, la popolazione italiana introduce nella propria alimentazione e quindi nel proprio organismo, circa il 5,54% di omega 6 e lo 0,46 % di omega 3, mentre le RDA, ovvero la razione giornaliera raccomandata per persona adulta di questi due acidi grassi, si aggira intorno all’1-2% per quanto riguarda gli omega 6 e intorno allo 0,2-0,5% per gli omega 3.
Insomma sembra proprio che l’italiano medio riesca a rispettare un giusto apporto sia di omega 6 che di omega 3, ovvero vengono assunti in una corretta concentrazione gli acidi grassi essenziali per la salute del proprio organismo. Naturalmente il fatto che si rispettino certe percentuali non dà la garanzia che l’assunzione complessiva di acidi grassi sia davvero quella ideale per il mantenimento di un buono stato di salute. I ricercatori, anzi, hanno scoperto l’esistenza di diverse relazioni tra la patogenesi di alcuni disturbi e il cambiamento del rapporto tra questi due acidi grassi.
In pratica si è giunti a stabilire che il giusto rapporto tra omega 6 e omega 3 dovrebbe essere di 4:1. Affinché un individuo riesca a correggere un eventuale apporto errato di questi due acidi grassi, deve intervenire prima di tutto sulla propria dieta: alcuni alimenti naturali, infatti, risultano essere delle ottime fonti di entrambi gli acidi grassi.
A questo proposito va sottolineato come sia sempre più opportuno preferire inserire nella propria alimentazione fonti di omega 3 più pure. Sembrerà forse un’impresa ardua, ma migliorare questo rapporto si può, basterebbe iniziare a consumare una maggiore quantità di pesce azzurro: non sarebbe male infatti portarne a tavola almeno due o tre porzioni a settimana.
Il giusto apporto di acidi grassi
Correggere questo connubio è importante perché, nel momento in cui questo rapporto sarà migliorato, si riuscirà a favorire l’omeostasi della lipidemia, la regolazione della pressione arteriosa, e l’equilibrio degli agenti eicosanoidi endogeni. Ecco perché è utile sapere che proprio gli omega 3 sono precursori degli acidi grassi alfa linoleico, eicosapentaenoico e docosaesanoico, e svolgono quindi una funzione antiaggregante, vaso protettiva e soprattutto antitrombotica, mentre gli omega 6 sono precursori dell’acido linoleico e favoriscono la capacità pro-infiammatorie e pro-trombotiche.
Ciò significa che gli uni favoriscono l’innesco dell’infiammazione e gli altri invece la regressione, per cui se si hanno sbalzi in questo rapporto come può accadere se si finisce con l’assumere più omega 6 che omega 3, si andrà a stimolare la tendenza all’infiammazione cronica, da cui si può sviluppare facilmente il rischio di malattie autoimmuni quali l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn o la retto colite ulcerosa. Come se non bastasse, inoltre, si potrebbe causare un aggravamento di alcune patologie dismetaboliche e incidere sul rischio cardiovascolare.
Ecco perché la comunità medica è d’accordo nel suggerire di mantenere un giusto rapporto tra gli acidi grassi essenziali perché solo in questo modo ci si assicurerebbe un sano equilibrio omeostatico e si faciliterebbe la prevenzione dell’infiammazione cronica sistemica oltre che la diminuzione del rischio di sviluppare malattie autoimmuni e cardiovascolari.
Quali alimenti nella propria dieta
Omega 3 e omega 6 quindi hanno funzioni energetiche, metaboliche e strutturali e il loro apporto ricopre un ruolo importante in diversi meccanismi dell’organismo. Lo svantaggio è che devono per forza essere integrati attraverso la dieta perché non si tratta di grassi prodotti direttamente dall’organismo, quindi bisogna prima verificare se quello che si mangia quotidianamente riesce a fornire al proprio corpo una quantità sufficiente di questi acidi grassi e anche se l’organismo è in grado di assimilarli bene e in quali quantità.
Come già detto, solo una dieta mirata e l’assunzione di integratori potrebbero ottimizzare la carenza o un rapporto sballato tra i due acidi, di cui va valutato l’effettivo assorbimento a livello cellulare. L’intervento immediato coinvolge l’alimentazione di un individuo: la prima cosa da fare sarebbe quella di ridurre l’apporto di omega 6, soprattutto dell’acido linoleico, contenuto nei semi di girasole, nel germe di grano, nel sesamo, nelle noci, nei semi di soia, nel mais e nelle olive, e ovviamente ridurre la quantità dei rispettivi oli usati come condimento in cucina.
L’aumento di omega 3, ovvero di acidi grassi alfa linolenico, deve invece avvenire attraverso un maggiore apporto di:
- oli e carni di pesce azzurro
- semi di Chia
- kiwi
- Perilla
- lino
- mirtillo rosso
e attraverso un maggiore consumo di:
- noci e olio di noci
- olio di canapa
- olio di lino
- olio di colza
- olio di canola
- olio di soia