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Disturbi del comportamento alimentare

Le categorie del disturbo

Di disturbi del comportamento alimentare si inizia a parlare già dall’immediato dopoguerra anche se lo sviluppo della patologia si ha soprattutto intorno agli anni settanta nel paesi industrializzati, per esplodere, fino a raddoppiarne i casi, negli anni novanta.

Essi li possiamo raggruppare in 4 categorie:

  1. anoressia nervosa;
  2. bulimia nervosa;
  3. disturbo da alimentazione incontrollata
  4. altre forme o detti disturbi alimentari atipici

Tuttavia non sempre è possibile fare una distinzione netta fra anoressia e bulimia, perché entrambe si alternano, nella vita del soggetto che ne soffre; così come ogni categoria elencate, può presentare delle varianti e sottotipologie, come per esempio l’ortoressia (una forma di dipendenza patologia dal cibo esclusivamente buono e che non faccia male) oppure la dieting (il disturbo della dieta cronica).

Insomma non è facile individuare con netta precisione il tipo di disturbo di cui si è affetti.

Per avere un quadro un po’ più chiaro della situazione dobbiamo innanzitutto dire che i disturbi del comportamento alimentare sono sostanzialmente disturbi della mente che esistono già prima della comparsa dei sintomi. Quindi, da un punto di vista psicologico, certe idee e pensieri (come ad esempio l’ossessione del cibo, la voglia di dimagrire a tutti i costi) sono già presenti nella mente dell’individuo.

Solitamente il soggetto inizierà con l’escludere o al contrario porre attenzione, ad un alimento in particolare (pasta, pane, dolci); un’attenzione continua ed ossessiva, accompagnata da un instancabile bisogno di osservarsi allo specchio o di salire sulla bilancia. Questi infatti sono i primi sintomi di un possibile disturbo del comportamento alimentare che in maniera subdola si sta insinuando nella vita dell’individuo.

Le cause e i fattori di rischio

Le cause dei disturbi del comportamento alimentare sono multifattoriali e pertanto non ben definite. Sicuramente in esse rientrano sia i fattori psicologici che biologici, con un occhio di riguardo ai cosiddetti fattori di rischio, ovvero quelli individuali, familiari e socio-culturali. Tra i fattori individuali di rischio sicuramente l’età è fra quelli maggiormente riconosciuti, anche se col tempo, il range dell’età si sta innalzando fino a superare i 40 anni. Altro elemento individuale è l’aspetto fisico, quindi la corporatura della persona (per esempio casi di sovrappeso) ma anche l’eccessiva ossessione per un’attività sportiva (tale da indurre ad una troppa magrezza). Inoltre influiscono le malattie croniche ed alcuni disturbi importanti della personalità (mania di perfezione, aspettative esagerate, difficoltà nel processo di separazione, rifiuto della sessualità).

Ulteriori fattori di alto rischio sono sicuramente quelli socio-culturali, infatti in una società, dove viene enfatizzata l’eccessiva magrezza e la bellezza, sarà difficile non cadere nella trappola dei disturbi del comportamento alimentare, per rispondere a certe richieste. Tuttavia, va anche detto che tali fattori, se presi singolarmente, non sono in grado di generare il disturbo che, deve comunque essere accompagnato da altri fattori di rischio. Come per esempio i rischi legati alla famiglia, che rappresenta soprattutto per il giovane adolescente, quel luogo nel quale ci si identifica e si forma il proprio processo di crescita. Una storia familiare legata a problemi di alcol, di abusi, con difficoltà nelle relazioni familiari, dipendenza o esaltazione della magrezza, è sicuramente un terreno fertile nel quale si possono innescare i disturbi del comportamento alimentare.

Affinché tali fattori di rischio si trasformino in patologia è necessario un evento scatenante che metta in moto il meccanismo : una perdita, un trauma, una separazione vissuta male, esperienze sessuali negative, perdita di autostima. In tali situazioni, il disturbo alimentare diventa un canale di sfogo (inconscio) per protestare contro gli altri e contro l’immagine che essi cercano di noi.

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